Beatrice Viggiani poetessa dei due mondi
BEATRICE VIGGIANI POETESSA DEI DUE MONDI
«La lingua è leggera e non pesa come la carne. Abito la lingua perché la lingua è leggera e non pesa come la carne»: con questi versi si apre l’antologia poetica «41», di Beatrice Viggiani, un elegante volume edito da Universosud e presentato al Polo Bibliotecario di Potenza.
Tutte le testimonianze hanno sottolineato il carattere profondamente libero di Beatrice Viggiani, senza dubbio una delle figure poetiche più importanti della regione nel XX secolo, sottolineando allo stesso tempo i suoi due amori: la sua nativa Italia e la regione dove è nata e dove riposano i suoi resti, e il Venezuela, dove ha vissuto per quasi 40 anni e dove ha lasciato un segno profondo nella cultura di quel paese.
Insegnante di Storia della Cultura alla Scuola di Arti Plastiche «Martín Tovar y Tovar» di Barquisimeto, una città del Venezuela centro-occidentale, il suo lavoro non si è limitato solo all’aula accademica: i suoi laboratori di arte e cultura si sono estesi ai quartieri più degradati, alle campagne e persino alle prigioni.
Grazie alla sua intensa attività in campo culturale, le autorità locali hanno riconosciuto il suo grande contributo e oggi la sua immagine fa parte della «Galleria delle Donne Illustri» di Barquisimeto. A livello nazionale, è stata insignita della medaglia «Andrés Bello» di prima classe, la più importante onorificenza che lo stato venezuelano conferisce alle persone culturalmente rilevanti.
UN POEMA PER ALLENDE
Molto commovente è stato l’intervento di uno dei suoi ex studenti, il pittore Enrique Hernández, che ha ricordato un evento molto significativo, non solo nella sua storia personale, ma anche in quella di migliaia di persone nel mondo: il colpo di stato in Cile dell’11 settembre 1973.
«Quel giorno, un gruppo di studenti eravamo con Beatrice ad allestire una mostra alla Galleria Universitaria di Caracas, quando abbiamo sentito cosa stava succedendo in Cile», dice Hernández. Sbalorditi, increduli, rattristati, i giovani non sapevano cosa fare.
Beatrice fece un gesto di rabbia e dolore, prese una sigaretta e la sua penna e si ritirò in un angolo della stanza a scrivere. Non passò molto tempo che li chiamò per leggere loro quello che aveva scritto: una delle più belle poesie dedicate al presidente cileno, che finisce così: «…un altro morto che cammina qua e là nel cuore inquieto e ferito del popolo americano…un terribile uomo morto, severo, solenne, qualcuno come il compagno Salvador Allende»